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L’emozione nasce dalla necessità dell’organismo di adeguarsi agli stimoli che provengono dall’ambiente, mentre la memoria li conserva e li immagazzina attraverso i processi dell’attenzione per riprenderli quando si verifica una situazione simile, per rielaborarli.

In questo caso il ricordo diventa la matrice su cui costruire le regole della propria vita, ognuno costruisce le sue e su di esse fonda la propria esistenza. Fin dalla nascita l’apprendimento è attivo anche se le variabili ambientali e biologiche interagiscono sul comportamento. L’emozione si fissa nella mente e lì permane finché un nuovo concetto non sostituisce quello precedente o lo modifica. Questo processo evolutivo è sempre possibile poiché nella vita non vi è nulla di statico, o almeno non dovrebbe esserci.

Solo quando il dolore è molto forte e l’emozione è intensa, si può rimanere ancorati al passato e in quello continuare a vivere per paura di affrontare nuove prove e sofferenze. Il bambino ferito che è in noi non cresce e non accetta nuove proposte e diverse sfide. La vita si ferma e, anche se siamo adulti, il bambino sofferente non vuole cedere il passo all’uomo o alla donna che hanno la necessità di continuare il cammino intrapreso. La paura ci costringe a fermarci.

Per uscire da questa staticità sarebbe necessario cercare di conoscersi di più e cominciare a prendere contatto con la nostra parte spirituale interiore che si chiama coscienza e intraprendere un percorso che possa portare alla conoscenza di noi stessi e delle nostre possibilità. Per entrare in contatto con noi stessi è indispensabile, prima di tutto, prendere coscienza di chi siamo veramente e qual è lo scopo della nostra vita, ascoltare quella vocina interiore che tutti abbiamo e che molto spesso non ascoltiamo, e forse chiedersi il perché della vita. Guardiamo solo ciò chi ci ha fatto soffrire, ma non riusciamo a vedere quanto noi abbiamo fatto soffrire gli altri. Molto spesso attribuiamo ad altri le colpe che non vogliamo vedere in noi stessi, così critichiamo negli altri quegli stessi atteggiamenti che non tolleriamo in noi, anche se non ce ne rendiamo conto.

 

Gesù Cristo disse a chi voleva lapidare l’adultera: “Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra”. Con ciò stabiliva che nessuno è senza colpe. Conoscersi significa entrare profondamente in se stessi, analizzarsi continuamente cercando sempre di capire come l’importanza del nostro atteggiamento possa modificare gli eventi e trasformarli in positivo per noi e per gli altri.

Il bambino ferito che è dentro di noi ha bisogno di tutto l’amore che possiamo dargli, ma anche dell’incoraggiamento necessario al cambiamento, all’accettazione delle esperienze negative e al loro superamento. A volte il dolore ci è giunto dall’esterno, molto spesso lo abbiamo creato noi, non ha importanza per la nostra mente, è solo la sofferenza che ne è derivata che ci tormenta e ci ferma.

Ecco un altro punto: noi permettiamo a queste esperienze negative di bloccarci nella crescita sia spirituale sia materiale. L’anima racchiusa nel nostro corpo ha la necessità impellente di esprimere, attraverso l’amore che ha, la sua condizione di guida della nostra vita, ma spesso trova nella parte umana un freno, poiché non si è creato un collegamento tra l’uno e l’altra.

Entrare in contatto con la nostra psiche è il dono più grande che possiamo farci, sebbene comporti la fatica di andare a cercare anche il nostro errore, soprattutto quello, per migliorarci.

 

Un altro dono è il perdono.

 

Perdonare chi ci ha offeso, magari inconsapevolmente, significa liberare la nostra anima di un peso energetico negativo che ci costringe a vivere al di sotto del piano dell’amore. Bisogna anche ricordare che esiste una Legge di Causa Effetto (karma), per cui ciò che oggi riceviamo è in stretto collegamento con ciò che abbiamo causato in vite precedenti ad altri. Spesso, ciò che subiamo è in stretto rapporto con il nostro karma. Gli altri non sono altro che mezzi attraverso cui capire dove abbiamo sbagliato per porvi rimedio. Noi sappiamo tutto di noi stessi. Ogni piccolo evento, pensiero, azione, è registrato e trattenuto nella psiche anche se non lo ricordiamo coscientemente: tutto è lì. E se è racchiuso dentro di noi, allora esiste la possibilità di andare a scoprire dove si trova.

Anche le cellule del nostro corpo hanno una loro memoria; gli avvenimenti che ci accadono sono sempre accompagnati da sensazioni fisiche particolari, per esempio i brividi in uno stato di paura, il tuffo al cuore quando incontriamo il nostro innamorato o innamorata, la sensazione di soffocare quando siamo in ansia, e altro ancora. La psiche registra l’emozione, il corpo tutte le sensazioni fisiche a essa connesse.

Durante le sedute di pranoterapia, molto spesso questi blocchi emozionali, che poi divengono col tempo blocchi energetici, si sciolgono dando luogo a una momentanea e veloce riacutizzazione del disagio, per essere poi risolta, a volte, anche nel giro di pochi minuti. Uno dei punti importanti per raggiungere uno stato di equilibrio è appunto l’accettazione dell’esperienza, anche se negativa, e lo scioglimento delle sensazioni fisiche, dei blocchi energetici che ci paralizzano, legati all’esperienza fatta.

Entrare in contatto con la parte interiore e creare un collegamento, uno scambio d’informazioni, non è cosa semplice, soprattutto perché la nostra esperienza educativa spesso nega l’esistenza dell’anima e la possibilità di prendere contatto con essa. I genitori, gli educatori, la società, danno regole morali di comportamento, utilissime e rispettabili, ma, spesso, non tengono conto che esiste una realtà più profonda e complessa dentro di noi. Abbiamo tutti avuto delle sensazioni, delle percezioni, dei momenti in cui ci sono capitate delle esperienze che non siamo riusciti a collocare in quella che noi chiamiamo “realtà”, forse ci siamo anche spaventati e abbiamo taciuto agli altri ciò che ci era capitato per paura di essere giudicati pazzi o non del tutto a posto, come si suole dire. Abbiamo magari cercato sui libri di psicologia o su Internet e poi abbiamo messo tutto in fondo alla nostra memoria, insieme alle nostre domande senza risposta. Abbiamo fatto finta di niente pur sapendo che avremmo potuto conoscere di più.

Un metodo semplice per capire qualcosa in più della nostra complessa esistenza consiste nel creare un dialogo con la coscienza. A questo punto vi domanderete: in che modo? Possiamo dire “nel modo più semplice:
interrogandosi!”

La coscienza è la parte divina in noi che ci indica sempre qual è la via giusta da intraprendere e ci porta, se la ascoltassimo, a sapere sempre quale sia il giusto comportamento da adottare in ogni situazione in cui potremmo trovarci. Quando commettiamo un errore, e lo sappiamo, la vocina della coscienza ci richiama, ci rimorde dentro con un senso di rimorso che possiamo tutti dire di aver conosciuto. Interrogarsi e aspettare che dal nostro interno la “vocina” ci parli è il primo passo, ascoltare e mettere in pratica è il secondo. Cosa difficile e facile al tempo stesso. Facile per la semplicità. Difficile poiché quasi nessuno vuol trovarsi nella condizione di cercare gli errori in se stesso. Ascoltare, poi, ci mette nella condizione di dover rinunciare alla reazione e alla pretesa di aver sempre ragione e al pensiero che solo gli altri sbaglino. È importante, però, distinguere ciò che proviene dall’anima da ciò che viene dalla nostra mente e dalla nostra ragione, spesso intrisa di desideri irrealizzabili. Quello che vi sto proponendo è un allenamento ad ascoltarsi per capirsi e superare l’impatto negativo dei propri pensieri.

La ragione e il pensiero, assieme alla coscienza, sono il dono dell’Eterno, trinità umana, per facilitarci il compito di seguire sempre la via giusta nell’intricata giungla della vita. Prima di iniziare a interrogare la coscienza, è fondamentale, però, svolgere un lavoro di ricerca in noi di tutti gli ostacoli e di tutte le barriere che le emozioni negative nel corso degli anni hanno interposto tra l’anima che vuole progredire e la mente che teme di soffrire. Scaricare le emozioni negative dalla mente e dissolvere le sensazioni fisiche a esse legate è di importanza vitale, se vogliamo vivere una vita in armonia e continuare velocemente la nostra ascesa verso l’evoluzione. Abbiamo già detto come il nostro subconscio, durante un’esperienza, tramite i cinque sensi, registri fin nei minimi particolari tutti i suoni, le immagini, le singole impressioni e i pensieri che da quel momento entrano a far parte di un unico ricordo, ricordo che viene archiviato se l’esperienza, sia negativa sia positiva, viene accettata e superata, mentre rimane latente e fonte di dolore se non l’abbiamo fatto.

La semplice analisi, anche di tutta una vita, spesso non è sufficiente a distaccarsi dal pensiero doloroso perché la forza globale (emotiva e fisica) dell’esperienza è troppo forte e, schiacciandoci, ci dona l’impressione di non poter essere neutralizzata. In sostanza, soccombiamo e i comportamenti errati continuano a sussistere. Ciò che è registrato nella memoria, accompagnato da un’emozione ossia da tensione, tende a riprodursi, poiché la stessa tensione lo riattiva.
Chiamo tale tensione “dono” perché, in molti casi, queste emozioni negative latenti riaffiorano e si manifestano con sensazioni di disagio che poi si tramutano in pianto, a volte, disperato. A quel punto non c’è bisogno d’altro che guardare nel suo dolore per capire la provenienza di quel disagio e scoprirne la causa.

Rivivere l’esperienza a livello emotivo, affrontando la fatica di volere rientrare nell’emozione non superata, permette alla mente di scaricare dai ricordi tutti i suoni, le immagini, le singole impressioni, i pensieri, le sensazioni negative legate al ricordo stesso. Vedere se stessi, ripercorrere l’evento immedesimandosi nello stesso, può aiutare a superarlo. In sostanza, riviverlo contribuisce ad accettarlo senza contare che quasi tutte le esperienze negative provengono dall’infanzia, quindi, quando si rivivono, sono ricollocate nel passato e staccate dal presente e il bambino sofferente dentro di noi smette di soffrire.
Nelle fobie, la persona vede se stessa mentre ripercorre l’evento in modo ripetitivo e angustiante. Allenarsi a ripercorrere tal evento volontariamente, cercando di ricordare ogni piccola reazione, accettandola, aiuta a superarlo.
È indispensabile rimettere in ordine la propria vita per ottenere un contatto con la propria anima, così come diventa necessario comprendere i nostri limiti e la nostra parte in ombra. Si può tentare anche da soli di creare la consapevolezza di noi stessi e dei limiti che poniamo alla serenità. In fondo, se lo vogliamo veramente, possiamo cercare interiormente tutte le risposte al nostro dolore.

Un buon metodo è quello dell’introspezione. Ci si può mettere comodi, possibilmente soli, in un ambiente in cui ci si sente a proprio agio. Possiamo fare dei respiri morbidi per rilassare il nostro corpo e accedere a uno stato profondo di meditazione, che ci aiuta a entrare più velocemente in contatto con noi stessi e attingere alle fonti della memoria. Ora possiamo chiedere al nostro corpo di rilassarsi e alla nostra mente di abbandonare i pensieri quotidiani per concentrarsi su quello che stiamo facendo, cercando di staccarci dal mondo materiale che ci circonda e che noi chiamiamo realtà, per entrare in un’altra: quella interiore.
Una buona tecnica per rilassare il corpo consiste nell’irrigidire e rilassare ogni muscolo del corpo, fino a che ci si sente completamente inerti e il respiro è leggero e profondo.

Il passo successivo è quello di cominciare a isolare lo stato in cui ci si trova, assegnare un nome al disagio che stiamo vivendo, che possiamo chiamare tristezza, solitudine, inquietudine, paura, angoscia, ira, frustrazione e altro ancora. L’importante è dare un nome all’emozione che ci costringe a fermarci.

Il secondo passo è chiedere a se stessi se la situazione che si sta vivendo sia nuova o sia già capitata altre volte e quando. Riesco ad andare indietro nel tempo e a fornirmi l’immagine o la sensazione legata a un episodio precedente? Ora mettetevi in ascolto di voi stessi e attendete le risposte che sicuramente giungeranno. Vi avviso, non potete barare. Se imparate ad ascoltarvi, vi meraviglierete di quanto potete scoprire di voi stessi che non conoscete.

Io, abitualmente, parto dall’ultimo episodio che mi è capitato e andando a ritroso, cioè dal presente al passato in ordine cronologico, cerco di giungere sino alla prima volta in cui ho vissuto quella sensazione. Spesso sono tornata all’infanzia e ho rammentato fatti dimenticati apparentemente dalla memoria, ma non certo superati, poiché nel ricordo le emozioni sono affiorate nell’identico modo in cui le ho vissute la prima volta che le ho provate. Ho pianto su me stessa e ho capito il dolore provato, ma nello stesso tempo ho cercato di staccarmi emotivamente dall’accaduto guardandolo da un altro punto di vista, come se fosse capitato a un’altra persona, nelle stesse circostanze.
Quello che guadagnerete dal rivivere le emozioni sarà il raggiungimento di una pace interiore, che vi permetterà di mettere ordine nella vostra vita, e ottenere un contatto con la vostra anima. A volte è necessario ripetere più volte l’esercizio che vi ho indicato, perché più si ripercorre l’evento, più si entra in profondità e un maggior numero di particolari vengono in superficie, senza contare che la ripetizione porta gradualmente a sciogliere la tensione e quindi ad abbandonarla. Quando vi sentirete staccati emotivamente dalle situazioni che avete preso in considerazione, sarete liberi di accedere alla vostra vera essenza e avrete separato il passato dal presente. Vivere nel presente vuole dire sfruttare tutte le energie che l’Eterno vi ha messo a disposizione in questa vita; rimanere ancorati al dolore del passato vi costringe a vivere la vita da adulti con le problematiche di quando eravate bambini.

Un altro aspetto che potete cercare di capire attraverso l’introspezione è il lato oscuro che ognuno porta con sé. L’anima, lo ripeto, quando s’incarna, reca in sé le ombre che non è riuscita a cancellare nelle vite precedenti e sa di dovere faticare nel nuovo cammino per ottenere una maggiore purificazione. In sostanza, in ogni vita riesce in parte a progredire in base alla propria capacità di lasciare andare l’egoismo. Tutto ciò che rappresenta un ostacolo e che continua a ripetersi come esperienza ha racchiuso in sé l’insegnamento del “limite karmico” da superare: ci si trova impigliati sempre nelle stesse situazioni finché non si risolvono a un livello più interiore e non si è riusciti a superarle. Mettersi in contatto con se stessi, allora, aiuta a capire come vivere la vita. Perdonare e perdonarsi è il punto da cui bisogna partire per accedere alla luce interiore che guida la nostra vita. Accettare la vita stessa con tutto ciò che la riguarda, sia in positivo sia negativo, equivale a portare amore a noi stessi e agli altri.

Dopo aver faticato, con questo, siamo pronti a entrare nei più profondi meandri della nostra psiche.

Come abbiamo già detto, e tutti lo sappiamo, ognuno ha provato, almeno una volta nella vita, delle sensazioni extrasensoriali che si possono negare per preconcetto, ma rimangono. Certi fatti inspiegabili possono capitare a tutti e capitano a tutti! Abbiamo tutti delle sensazioni di disagio che non riusciamo a comprendere, un senso d’irrequietudine che non riusciamo a classificare. Tutto va bene ma, dentro di noi, sappiamo che sta per succedere qualcosa, anche se non sappiamo cosa. Oppure possiamo essere convinti del contrario: tutto va male, ma abbiamo la sicurezza che, in qualche modo, la situazione si risolverà brillantemente. In alcuni momenti, poi, abbiamo avuto la sensazione di non essere soli, abbiamo sentito la presenza di un nostro caro o addirittura il pensiero di un nostro caro, una vocina che ci ricorda di comprare il pane, oppure la sensazione di non dover passare per quella determinata via o rimandare un appuntamento al giorno dopo. Abbiamo anche verificato, poi, che quel sentire era giusto!

Quando si vive in preda alla paura o alla tensione, avviene un indebolimento spirituale che non ci permette di avere contatto con le energie positive che la nostra anima possiede, e non riusciamo a metterci in contatto con il nostro essere superiore che tutto sa di noi. Lasciare andare la paura e ascoltarci ci aiuta a risolvere quasi tutti i problemi e, se non proprio a risolverli tutti, almeno ad avere un aiuto per superarli. Lasciare che la nostra anima prenda la guida della nostra vita equivale a lasciare espandere l’amore e la luce che lei stessa possiede ed entrare in una condizione di serenità e accettazione. Noi siamo spiriti, rivestiti di materia, ma spiriti. Ognuno sa interiormente qual è il suo compito e il cammino che ha intrapreso. Quando il nostro ruolo è messo in discussione, da noi o da altri, fuoriusciamo dai binari del nostro stesso karma e, non essendo più centrati, disperdiamo le energie che servirebbero a farci superare le difficoltà.

La nostra anima sa, attraverso la coscienza, anche se noi non lo ricordiamo, in quale direzione andare per affrontare il suo percorso e, piano piano, ci spinge verso di esso. Quello che noi possiamo fare è cercare di seguire l’ispirazione che da lei deriva e comportarci secondo le regole di amore che ci indica. A questo punto, il successo dipende dalla volontà che abbiamo di continuare ad analizzare i nostri comportamenti errati per modificarli e modificarci. Le energie, quando non siamo centrati, sono come incapsulate e non ci permettono di progredire. Analizzando il proprio sé per cercare la colpa o il disagio spirituale attraverso il rimorso, libera le energie e ci libera di un peso opprimente.
Il rimorso per le azioni negative che la coscienza ci fa sempre presente è un’opportunità di crescita spirituale notevole, poiché ci mette nella condizione di capire l’errore e porvi rimedio, o almeno così dovrebbe essere. A suon di analisi e modifiche, tutti arriviamo a capire, anche se a volte è necessario compiere questo lavoro in varie vite.

Questo viaggio interiore, a parte farci capire gli errori, potrebbe anche mettere in evidenza quei lati nascosti dei talenti che abbiamo e che non consideriamo o non sappiamo minimamente di possedere. Per questo, dopo aver fatto il lavoro di equilibrio evolutivo emozionale, vi consiglierei di affrontare quella che io chiamo “ricerca delle proprie risorse”, affrontando il percorso inverso.

Partiamo sempre dal metterci comodi e rilassati e, una volta che abbiamo stabilito su quale emozione lavorare, portiamo a termine l’equilibrio evolutivo emozionale.
Quando saremo giunti all’ultimo episodio rammentato, meditiamo su quello che è emerso dall’introspezione e prendiamoci il tempo necessario per integrare tutte le informazioni che abbiamo ricevuto. Quando ci sentiremo staccati emotivamente, cioè quando non soffriremo più per quanto successo (a volte servono diverse settimane), saremo pronti.

Ora partiamo dall’ultimo episodio rammentato e il primo in ordine cronologico. Potremmo addirittura iniziare dalla nascita e chiedere al nostro inconscio di farci rilevare tutte le volte in cui abbiamo avuto quella difficoltà e l’abbiamo superata. La mente fa degli strani scherzi, registra quasi esclusivamente le situazioni negative e annulla le positive. Faccio un esempio: una persona ha rischiato di annegare e la paura dell’acqua si è impossessata di lei. Non essendo riuscita a superare il trauma, ogni volta che si troverà vicino all’acqua, la mente le suggerirà sempre la stessa paura e il corpo rivivrà le stesse sensazioni fisiche, impressionate nel ricordo emozionale: sentirà l’acqua scendere lungo la gola con la sensazione di soffocamento, mentre l’agitazione raggiungerà livelli elevati e lo stress sarà altissimo. La mente ha impressionato nel ricordo solo l’esperienza negativa, cancellando completamente la fase successiva, ossia il fatto di essere uscita da quel pericolo e la consapevolezza di poter respirare liberamente. Il corpo ha reagito, e la ripresa delle proprie capacità anche, ma la mente ha continuamente proposto solo la fase negativa.

Possiamo verificare quest’atteggiamento derivato dalla paura in qualsiasi frangente della vita, quando la tensione raggiunge livelli esagerati o quando la sofferenza e il rancore ci schiacciano. Poniamo l’esempio di una coppia, anche di amici, che è rimasta affiatata e si è sostenuta per diversi anni. Improvvisamente uno screzio, una discussione, mette i due nella condizione di disarmonia. La mente di uno dei partner o di entrambi continuerà a far rammentare il momento di crisi, dissolvendo tutti quelli piacevoli trascorsi assieme. In situazioni di questo tipo, ci ricorderemo di tutte le volte in cui siamo stati osteggiati, ma mai di quelle in cui siamo stati sostenuti e amati.

Ritorniamo quindi al lavoro della “ricerca delle capacità” che abbiamo per superare i punti di difficoltà. Partendo dalla situazione di disagio in cui ci siamo trovati la prima volta, cerchiamo la progressione degli avvenimenti per comprendere come abbiamo fatto a superarli. Questo lavoro serve per ristabilire l’equilibrio tra quello che abbiamo passato e il modo in cui siamo riusciti a superarlo. Una volta che abbiamo ripercorso tutti gli avvenimenti dello stesso tipo, legati tra loro da un’unica emozione non risolta, libereremo l’energia bloccata e riprenderemo a sorridere. A questo punto potremmo anche pensare alle capacità intrinseche che possediamo. 

L’incomprensione di noi stessi a volte ci porta a pensare di non avere delle qualità e scartiamo a priori la possibilità di possederle, eppure, se abbiamo superato determinate esperienze o le abbiamo accantonate e abbiamo superato il punto d’impatto, significa che possiamo attingere a un potenziale per noi sconosciuto ma che la nostra anima possiede.
Rammentarci dei successi, anche e soprattutto conquistati con fatica, e rimanere con la mente su di loro, aiuta a far penetrare nella nostra mente, attraverso il ricordo o la sua immagine, un senso di soddisfazione che infonde fiducia in noi stessi e nelle nostre capacità. Scoprire che abbiamo superato molti avvenimenti e che siamo rimasti “in piedi” nonostante le difficoltà, ci aiuta a prendere coraggio per affrontare nuove situazioni.

Il metodo è lo stesso: ci mettiamo comodi, ci rilassiamo e facciamo riaffiorare tutte le situazioni felici della nostra vita, da quando siamo nati fino a oggi, soffermandoci su quelle che ci hanno sì creato difficoltà, ma al tempo stesso ci hanno aiutato a crescere e ci hanno dato soddisfazioni. Possiamo soffermarci anche su un episodio felice, cercando di entrare profondamente in esso per attingere dall’emozione positiva che abbiamo vissuto in quel momento. Questo ci aiuta a rasserenarci e ad avere una visione positiva degli eventi. Un tuffo di gioia che ci nutre di energia e ci fa allontanare dalla paura e dal pensiero di non essere capaci di vivere degnamente. 

Ogni persona al mondo occupa un posto che le è stato donato amorevolmente per potersi evolvere. Nessuno è meglio di un altro, ma tutti concorrono con la propria presenza al benessere di un’altra o più persone. Se siamo in questo mondo, in questo preciso momento, vuol dire che abbiamo ancora del cammino da percorrere e dei residui di karma da dissolvere, quindi abbiamo un compito da svolgere su questa Terra che non necessariamente può essere un compito piacevole.
Se nascessero solo piante di mele, mangeremmo solo quelle, ma nel mondo esistono varie qualità di frutta che ci permettono di variare. Non possiamo essere dei cloni di altri, possiamo solo essere noi stessi, e per esserlo bisogna conoscersi. Esistono molte persone, diverse le une dalle altre, che ci permettono di spaziare nell’universo “uomo” per confrontarci e imparare la molteplicità della vita e, anche nell’aspetto negativo della diversità, possiamo imparare e crescere.
Entrare in questi concetti, a volte, è molto difficile poiché il condizionamento sociale o familiare non ha creato l’apertura mentale sufficiente per guardare oltre la piccola vita quotidiana che si consuma tra le quattro mura di casa o nel nostro circondario, impedendoci di pensare più in grande e vivere nell’apertura mentale che ci permetterebbe di essere più liberi. Cerchiamo sempre di vivere nell’emozione presente e non riusciamo a staccarci per vedere gli avvenimenti dall’esterno in modo più obiettivo. Siamo tutti dei terrestri e siamo venuti al mondo per imparare ad amarci e a rispettarci; prima riusciamo a farlo, meglio è. I primi a beneficare dell’armonia creata saremmo noi stessi!

Uscire dai piccoli confini del minuscolo mondo quotidiano potrebbe insegnarci a pensare di avvicinarci ai confini del nostro infinito mondo che è collegato con l’universo il quale, nonostante noi lo riconosciamo poco o niente, ci sostiene e ci permette di vivere. Dovremmo essere grati all’Eterno che ci consente di percorrere il cammino per purificarci e ritornare nell’infinito amore ma, nella maggior parte dei casi, imprechiamo maledicendo la vita e il suo Creatore, colpevolizzandolo di tutto ciò che avviene di negativo. Accade così che diventa una Sua colpa tutto ciò che è negativo, mentre tutto ciò che è positivo è nostra capacità. Gli uomini fanno le guerre (tutti i tipi), poi è colpa dell’Eterno che permette che succedano! La nostra responsabilità dove si trova? Forse dovremmo cercare di evitare le situazioni negative piuttosto che assecondarle e incolpare altri dei nostri errori. E se invece di evitarle pensassimo di dissolverle sul nascere, non sarebbe meglio per tutti?

Imparare ad avere un contatto costante con la nostra anima, ascoltando ciò che la coscienza ci suggerisce, ci spinge fuori da questo circuito chiuso e ci dona la possibilità di vivere in un mondo migliore: il nostro. Se poi facessimo entrare gli altri in questo mondo migliore e l’altro facesse altrettanto, non sarebbe più bello vivere e confrontarsi sotto la guida dell’amore? Utopia? Forse, ma se nessuno comincia a desiderare altro, rimarremo impantanati nelle nostre piccole questioni quotidiane, dimenticando che proveniamo dal Sublime e a Esso ritorneremo dopo avere percorso i nostri cammini terreni. Ricordiamoci sempre, però, che non siamo mai soli. L’Eterno ci guida e ci assiste ininterrottamente, anche attraverso i Suoi angeli che si accostano a noi per sorreggerci e aiutarci.

La nostra visione del mondo è data dall’esperienza che costituisce la nostra storia personale. Le concezioni errate che abbiamo costruito nelle nostre menti derivanti dal nostro disagio ci condizionano e ci tengono ancorati a un’idea di noi che non corrisponde alla realtà ma che noi vediamo come tale; questo almeno finché non andiamo a sbloccare la situazione passata per poterla superare. Non è facile capire come fare, ma non è nemmeno difficile tentare di farlo. Basta provare.
Abbiamo un immenso mondo interiore intriso di concezioni errate, di frammenti di dolori irrisolti e di paure che, in parte, derivano dalle esperienze negative dei nostri famigliari o della società in genere. Quando ci blocchiamo o ci sentiamo incapaci di continuare la nostra vita è perché molto spesso neghiamo a noi stessi ogni possibilità di riuscita, soprattutto quando abbiamo avuto una concezione negativa di noi stessi o del mondo. Ci trinceriamo dietro al “non sono capace”, “non riesco”, “non sono intelligente” e frasi simili che nascono da una visione negativa di noi stessi, della vita e delle nostre possibilità. Ecco perché è necessario andare alla ricerca di tutto ciò che ci ha ferito, analizzarlo, comprenderlo e superarlo. In questo modo si ha la possibilità di liberare le energie bloccate, imprigionate nella nostra concezione errata, adoperandole per vivere, invece, pienamente la nostra vita.

Non sarà facile all’inizio, ma con l’allenamento potremo, pian piano, entrare nella profondità della nostra anima e usufruire di tutte le energie che potrà elargirci.